Sono Manuela Barbato, ho quarant’anni e sono una programmatrice di danza con la passione per la scrittura e la filosofia. Ho scritto per diversi giornali come critico di danza e oggi collaboro con la sezione Arti Performative di Artribune. Da quattro anni curo la Stagione Danza del Teatro Bellini di Napoli, e organizzo con la mia inseparabile socia Emma Cianchi Festival e Rassegne.
Lavoro tosto, ma indescrivibilmente bello. Lavorare nel mondo della danza e dello spettacolo in generale non è impresa facile… ma una donna potrebbe dirlo di ogni settore e ambito. Ci si ritrova a lottare contro preconcetti e pregiudizi, a fronteggiare e gestire i rapporti con gli uomini, rapporti che solitamente restano distesi e rilassati finché si scherza e si parla goliardicamente, ma quando si tratta di prendere decisioni, spostare l’ago della bilancia, proporre questa o quella strategia lavorativa ti accorgi che tutto a un tratto sei in gamba ma… sei brava ma… forse hai pure ragione ma…
La propria preparazione e competenza bisogna dimostrarla in campo un giorno sì e l’altro pure, mettere da parte le incertezze e le paure, la sensazione di inadeguatezza e l’emozione che fa tremare la voce. Non si deve però diventare contenitori pieni di competenze e vuoti in quanto ad emozioni, perché è proprio la carica emotiva, la sfera emozionale che abbiamo a renderci speciali.
A volte sento di essere una macchina da guerra, una stacanovista inarrestabile, ma poi mi rendo conto che la concentrazione che metto in quello che faccio sarebbe vana e sterile senza la mia emotività e la sensibilità che metto nelle mie scelte – valorizzare questo o quell’artista, programmare una compagnia piuttosto che un’altra, appoggiare il lavoro di una coreografa o coreografo emergente – mi garantiscono l’eticità in ogni decisione.
Nel mio lavoro è difficile tenersi fuori dei giochi di potere, non ho sbagliato… intendo proprio tenermi fuori. Scambi, favoritismi, clientelismo, cricche, sono queste tutte dinamiche contro cui lottare per far prevalere sempre il senso di giustizia garante di meritocrazia. È un mondo, quello di cui faccio parte, che in tutta la fase di preparazione e di studio vede la presenza delle donne in percentuale assolutamente superiore a quella degli uomini. Ballerine, danzatrici, insegnanti. Poi però quando si dà un’occhiata alle occasioni di lavoro delle donne in posizioni apicali e di rilievo come l’essere coreografa, regista, tecnica luci o suono, scenografa e tante altre professioni si osserva facilmente che di colpo le donne spariscono e ci sono solo uomini!
Quanti teatri in Italia sono diretti da donne? E quanti spettacoli di coreografe sono stati programmati negli ultimi anni in Italia? Quanti premi e riconoscimenti per le donne nel mondo della danza?
È difficile, è dura, ma non indietreggio di un passo. Porto avanti il mio messaggio di giustizia sociale e parità di diritti e, attraverso la programmazione teatrale e la scrittura, sostengo le donne… e pure gli uomini (femministi).
Manuela Barbato
giornalista e curatrice artistica
Maggio 2021, Progetto Donne e impresa teatrale in Campania